Una storia sbagliata

bar in Prevence

Mi chiedo cosa sia la morte: un corpo che muore? Nel mio lavoro è così, un morto è un morto, non respira, il suo cuore non batte più e in base ai fatti io giudico un colpevole.
E’ semplice per un poliziotto: un morto, un movente, un colpevole.
Quando lo hanno trovato era irrimediabilmente morto, vicino alla sua auto appartata nell’angolo buio della piazza. Forse un coltello da cucina. Nessuna impronta, niente di niente.
Chi uccide un rappresentante con un coltello da cucina?
Una casa da lupo solitario, tanti libri, niente donne.
-Una persona gentile, disponibile, un caro ragazzo!- Le anziane vicine piangono.
Per tutti era così, parenti, amici, colleghi.
-Grande lavoratore, pignolo, irascibile, o forse permaloso, pronto a buttare all’aria tutto per ricominciare da capo. Anche la sua vita.-
-Non frequentava molta gente, poco tempo.-
-E a donne come stava?-
-Sfigato!-
-Non aveva qualche storia?-
-Qualche volta, ma era da tanto…-
Anche in casa niente.
Lei era l’ultima chiamata ricevuta sul cellulare del morto. Il marito era preoccupato, non l’aveva ancora vista quella sera e non conosceva l’uomo ucciso.
L’abbiamo ritrovata a notte fonda in mezzo al bosco. Il coltello ancora in mano. Faceva pena.
-Cosa è successo?-
-Volevo farla finita… Non era possibile… Ma lui… Lui… Lui non capiva… Non voleva.-
-Con calma, dall’inizio-
-Dall’inizio?-
Non piange, si illumina un poco e gli occhi opachi diventano profondi. E’ una bella donna adesso.
-Sì, dall’inizio, quando l’ha conosciuto?-
Mi scruta. Sembra chiedersi se vale la pena, se capirò.
-Coraggio…-
-Al bar.-
-Al bar?-
Sorride sarcastica.
-Sì, mi guardavo intorno cercando qualcuno che avesse come me un verme che rodeva dentro e lui era lì e mi fissava. Ma non sono una che circuisce gli uomini nei bar e lui non mi piaceva nemmeno. Può credermi oppure no, fa niente.-
-E poi?-
-Poi non so, è continuato così per mesi, forse.-
-Non vi siete parlati…-
-No, solo molto tempo dopo-
-Quanto tempo fa è successo?-
-L’ho incontrato tre anni fa.-
Io continuo a non capire.
-Cosa le rodeva dentro?-
Sospira infastidita dalla mia ottusità.
-Lei è felice, soddisfatto della sua vita oppure qualche cosa le rode dentro? Qualcosa che non sa, ma che c’è. Per me era così, senza pace, da sempre.-
Mi osserva, ancora non è convinta che possa capire, ma continua a parlare.
-Non mi piaceva, di certo non era il principe della fiaba e l’ho scrutato a lungo per riconoscerlo. All’inizio ero infastidita dal suo sguardo, poi lusingata dal desiderio che incrociavo nei suoi occhi. Mi ha svegliato- e aggiunge cinica: -come Biancaneve dal sonno avvelenato.-
-Così senza nemmeno parlare con lui?-
-Prima ancora di parlare con lui sapevo già tutto. Tutto quello che il  viso, i capelli, le mani, i vestiti, le scarpe, potevano raccontarmi. Anche la solitudine e la sofferenza.-
-Ha detto “riconoscerlo”, quindi vi conoscevate?-
-Non lo avevo mai visto prima.-
-E quindi…- Non mi lascia finire.
-E quindi ho cominciato a pensare che se ci eravamo incontrati dovevamo avere qualche cosa da offrirci. E così mi sono lasciata vivere senza sapere che…-
-Senza sapere cosa?-
Entra Corradi, hanno terminato con il marito.
-Tu rimani qui, forse la signora desidera un caffè, un te?-
Mi fissa con lo sguardo nuovamente opaco e forse non guarda neppure me.
-Tu comunque resta qui!-

L’uomo è inebetito. Da quel che leggo lui non sapeva niente e nelle condizioni in cui è non direbbe di più.
-Riaccompagnatelo a casa.-
-E mia moglie?- Spera ancora che sia tutto un errore, che non sia successo nulla.
-Per il momento sua moglie rimane.-
E io devo stendere un rapporto. Bevo il caffè che la signora non ha toccato.
-Dunque, lei conosce un uomo in un bar, praticamente non ci parla assieme e dopo tre anni lo uccide?-
Mi guarda con tutto l’odio di cui è capace.
-Suo marito era al corrente…-
-Che l’ho tradito? No.-
-Le cose non funzionavano tra voi?-
-Voglio molto bene a mio marito.-
-Dunque?-
-Lei è convinto che possediamo una certa quantità di amore da offrire e che sia sufficiente solo per una persona?-
Già, tanto amore da uccidere un uomo e l’altro non è detto che sopravviva, ma le risparmio il mio commento.
-Le fa male la ferita?-
Lei si stringe il braccio fasciato e scuote la testa.
-Come si è fatta quel taglio?-
-Ha cercato di fermarmi, di togliermi il coltello. Lo stavo piantando nella mia gola.-
Gelida alza la testa e mi fa vedere un segno rosso sul collo.
-Ma non voleva uccidere lui?-
-Sì! No! Sì, all’inizio avrei voluto ucciderlo…-

Sono stanco. Stiamo qui a spararci addosso, io le mie domande, lei le sue risposte, ma non difende niente, combatte per istinto. Non ha niente da difendere.
-Corradi! Io esco, siediti qui e non dormire!-
Fuori comincia ad albeggiare. Mi lavo il viso e l’acqua fresca scivola lungo il collo. Il caffè caldo del distributore e una sigaretta. Seduto sulla panca in corridoio lascio che le gambe si distendano.
Mi hanno passato il tabulato del cellulare e del telefono di casa del rappresentante, ma negli ultimi tre mesi lei non ha mai chiamato. Un’unica telefonata: ieri. Lui nemmeno quella.
Cosa c’è da capire?
Leggo il rapporto sulla vittima che non aggiunge molto a quello che già so. Un mutuo sulla vecchia casa appena abitabile, il leasing sull’auto, libri e forse lei l’unica donna in tre anni. Celibe, morto a trentanove anni.
Non ha avuto un gran che dalla vita. A parte lei, forse. Ma lei cos’ha trovato in questo uomo? Non le piaceva nemmeno. Per mesi si osservano soltanto, ad un certo punto, ovviamente, si frequentano, poi il silenzio e alla fine lei lo uccide.
Le questure sono piene di storie come questa e anche lei lo sa. Potrei etichettare il mio rapporto: delitto passionale.

Nell’ufficio lei è seduta opaca come sempre. E’ viva solo quando risponde a cannonate con l’indifferenza di chi sa che non sarà capito e non gli importa.
-Perché voleva uccidersi?-
-Non avevo scelta.-
-Le dispiace cercare di spiegarsi meglio?-
Le parole mi escono con una inaspettata dolcezza e anche Corradi, ormai mezzo addormentato, mi guarda sorpreso.
-Ho voluto vivere.-
Comincia così a raccontare.
-Non ho chiesto niente, e lui non ha mai offerto di più, ma avevo già molto. Lui, accorgendosi di me, mi aveva fatto esistere. E questo era molto. Ero io a voler offrire, io che stavo imparando ad amare la vita più che mai. Scoprivo cos’era l’amore, quello che non chiede, quello che esiste e basta. Senza voler cambiare l’altro, senza volerlo possedere.
Non sapevo tutto questo prima, prima d’incontrarlo. E questo volevo offrire. Mi sentivo un’opportunità per lui, un riscatto contro la vita che non lo riconosceva.
Pensavo potesse capire, in fondo eravamo così simili! Anche se non avrei mai potuto condividere la mia vita con lui, questo amore poteva esistere. Esisteva già al di sopra di tutto, di qualsiasi morale. Non negava altre scelte, altre possibilità. Non sarei mai stata gelosa della sua vita, della sua libertà di scegliere un’altra donna. Semmai sarei stata felice delle sue vittorie.
Questo sì avrei voluto: che vincesse.
Poi é cominciata l’agonia dei silenzi, delle risposte che non ho mai avuto. Un nuovo veleno uccideva Biancaneve. Lui, che accorgendosi di me mi aveva fatto esistere, mi lasciava adesso in un silenzio profondo, doloroso, vuoto, proiettato all’infinito. Col suo silenzio mi cancellava. A questo non ero preparata.
Pensavo che quell’amore potesse sopportare tutto. La mia testa invece no. Lei ha iniziato ha cercare le risposte, ma qual’era quella giusta? Un sì od un no avrebbero posto un argine, un confine, un limite concreto dentro il quale sarebbe stato più facile muoversi. Senza riferimenti non si esiste, tutto è ipotetico. E la mente gira a vuoto. Impazzisce.
Ieri l’ho chiamato. Nessuna risposta. Sapevo dove trovarlo. In qualche modo doveva finire quel tormento, quel non vivere più.
Quando l’ho visto ho capito: io che avrei voluto essere la sua rivincita, lo avevo umiliato.
-Ho bei ricordi di te- mi ha detto -ma la storia era sbagliata.-
Ho tentato di usare il coltello su di me, ma lui me l’ha impedito. Con la mia mano tra le sue ha girato il coltello. Mi ha guardato come per chiedermi il permesso e lo ha piantato su di sé.-
Corradi è del tutto sveglio adesso, si agita imbarazzato accanto a me, ma è lei che io fisso, per dar tempo ai suoi occhi di indagare nei miei.
-Una storia sbagliata.-
-Già.- replica lei -Era solo amore.-
Un morto, un movente, un colpevole, questi sono i fatti. A chi importa se il cuore che ha cessato di battere è solo un punto fermo ad una vita già morta da tempo.
Lei, comunque, sa che io ho capito.